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MONICA SARACA

Buon pomeriggio a tutti, oggi vi voglio presentare una carissima amica nonché collega Monica Saraca. Prima di lasciarvi in sua compagnia, ci...

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giovedì 3 febbraio 2022

SOPRAVVISSUTI...

NON IMPORTA QUANTE VOLTE CADIAMO IN TERRA, QUELLO CHE CONTA E' RIALZARSI E CONTINUARE A CAMMINARE. 

Il termine Sopravvissuto/a è una parola che uso spesso nella vita.
Io stessa mi definisco una Sopravvissuta.
Nella mia vita ho dovuto affrontare molte situazioni difficili. Dal periodo adolescenziale in cui mi vedevo costretta quasi sempre a scegliere se stare dalla parte di mia madre o quella di mio padre, se chiedere a uno o all'altra il permesso di uscire e a volte quasi di scegliere a chi voler più bene. Tutto questo solo perché i miei genitori decisero di separarsi quando avevo 12 anni circa e perché mia madre soffriva di paranoie a causa delle sue insicurezze e della sua perenne depressione.
Piccolezze se si pensa alle vere tragedie della vita, ma drammi enormi quando si è adolescenti. 
Vivere con una madre perennemente scontenta della sua vita che per la maggior parte del tempo accusa te dei suoi fallimenti, non è certo una passeggiata ma non solo, ti augura anche tutto il peggio dalla vita perché lei non ha potuto realizzare i suoi sogni. Quando esci con le amiche, quelle poche volte che non hai da studiare, al tuo rientro ti rimprovera per averla lasciata sola in casa ma se per caso le chiedi di accompagnarti da qualche parte, fulmini, saette e parole sgradevoli sulla tua persona e su chi ti ha messa al mondo. La stessa che con gli anni, a ogni telefonata, ti accusa di averla abbandonata per inseguire il tuo sogno di avere una famiglia tutta tua, sempre la stessa che da un giorno all'altro, ti vieta di invitare tuo padre il giorno di Natale senza alcun motivo preciso e quando tu le spieghi che non vedi le ragioni della sua richiesta perché non ce ne sono e le ricordi che tuo padre non ha nessuno a parte noi, lei urlando parole senza senso ti riaggancia il telefono in faccia e non si fa più sentire per quasi due anni.
Di nuovo lei, malata terminale nel suo letto d'ospedale con accanto me, sua figlia maggiore che nonostante tutto, le rinfresca il corpo ogni giorno, provando compassione per lei e le resterà accanto fino alla fine, perdonandola di non esserle mai stata accanto nei momenti belli e più brutti, nemmeno il giorno del suo incidente stradale in cui quasi perse la vita.
Credo sia abbastanza per avere il primo steep da Sopravvissuta.
Crescere sola, con poche attenzioni e aiuti perché il resto dei familiari ti considera una persona forte, mi fa meritare un altro steep.
Avrei tanti esempi ancora ma credo siano sufficienti per farvi capire cosa intendessi dire con il termine usato in questo post.
Penso che ognuno di voi nella vita abbia dovuto affrontare problemi simili, forse anche peggiori dei miei e che in qualche modo ne sia uscito vincitore.
Se volete, potete lasciare un commento raccontando le vostre storie.
Più si condivide e meno pesante sarà il bagaglio che portiamo.
Buona vita.


Eka




martedì 9 giugno 2020

Compassione

La Compassione vista dal punto di vista buddista, non è altro che la condivisione empatica delle sofferenze altrui.
Ognuno di noi, a parer mio, dovrebbe sviluppare questo sentimento, per vivere in completa armonia con le persone che lo circondano. Il mondo sarebbe un posto migliore se pensassimo prima al bene degli altri e poi al nostro.
Ho provato questo sentimento, per la prima volta, nei confronti di mia madre.
Lei non era per così dire, una persona molto espansiva e affettuosa, e a parer mio, non aveva quell’istinto materno insito nella donna, ma non per questo potrei affermare che non mi avesse voluto bene, anzi, me ne voleva, ma a modo suo.
Anche se poteva sembrare una persona rigida e forte, lei era tutto l’opposto. Fragile, insicura e insoddisfatta della propria vita.
Dalla mia adolescenza, il nostro rapporto si era spezzato notevolmente, perché io, da ragazza quale ero, volevo vivere la mia vita, mentre lei, pretendeva che le stessi sempre accanto.
Mi faceva sentire in colpa dicendomi che stava bene solo quando era insieme a me, ed era vero, perché quando mi allontanavo da casa, lei cadeva in una buia depressione.
Per molti anni, inconsapevolmente, rinunciai ad uscire per non farla stare male, ma quando la mia voglia di libertà emerse urlando, incontrando per mia fortuna, quello che sarebbe stato l’amore della mia vita, per lei fu la fine.
I suoi problemi interiori non risolti, l’avevano portata ad aggrapparsi a me, e quando intorno ai 20 anni, me ne andai via di casa, lei peggiorò.
“Mi odiava”, così mi diceva al telefono, e mi accusava di averla “abbandonata” ed io, combattuta, e stanca, mi tenevo lontana il più possibile, per non soffrire delle sue parole.
Ero soffocata dalla sua presenza instabile, e dispiaciuta, perché le mie parole, nonostante tutto, non riuscivano mai ad aiutarla e a farla sentire meglio.
Cosa avrei potuto fare per lei? Niente. Non puoi aiutare chi non vuole essere aiutato!
Il nostro rapporto era fatto di insulti e brutte parole, sempre nei miei confronti, perché io, non mi permettevo di risponderle, per educazione e visto il suo stato psicologico.
Ho subito tanti di quegli insulti e parolacce che non sapevo nemmeno esistessero, ma nonostante tutto, continuavo a volerle bene, perché era pur sempre mia madre.
L’amavo e la odiavo nello stesso tempo e non capivo perché gettasse addosso a me, tutto il suo astio e la sua rabbia di vivere.
Questo mi rendeva infelice e l’unico modo per cambiare le cose, era starle lontana. Fu una grande sofferenza per me, come per lei, ma dovevo tenere duro e andare avanti, tentando di trovare un posto dentro me, in cui essere felice.
Quando nacque mio figlio Diego, le cose un po’ cambiarono, cambiò lei. Il suo stato d’animo quando ci vedeva era alle stelle e addirittura, giocava con mio figlio, rotolandosi per terra come una ragazzina. Mi chiedevo se l’avesse fatto anche con me quando ero piccola, ma temevo la risposta, così, mi facevo bastare quello che dava a lui.
Nel 2011 si ammalò di cancro. Furono giorni davvero difficili per tutti, e nonostante “non meritasse la mia presenza”, come mi dicevano in molti, io rimasi accanto a lei fino alla fine.
Nei miei momenti di difficoltà, lei per me, non c’era stata, mai! Credetemi se vi dico che ho dovuto affrontare una bruttissima situazione di salute, dove persone che non mi erano nulla, sono state notte e giorno accanto a me, curandosi di me fisicamente e psicologicamente (mio marito e i miei suoceri, Liliana e Rodolfo), mentre lei, non si fece mai vedere o quasi.
Avrei dovuto ripagarla con la stessa moneta? Può darsi, ma non lo feci.
In quel letto di ospedale, ridotta un mucchio di ossa, c’era la persona che mi aveva dato la vita, la stessa che non era stata capace di affrontare i suoi fantasmi, fino ad ammalare la sua anima.
Era per me impensabile, non starle vicino, provando ad alleviare il suo dolore. Infondo, per una parte della mia vita, lo avevo già fatto.
Fu estremamente difficile vederla morire ogni giorno, consapevole che l’avrei persa per sempre, eppure, non mancò giorno che non fossi lì accanto al suo capezzale.
La forte Compassione che ebbi di lei, mi diede la forza per andare avanti e perdonare tutte le sue parole e le sue mancanze nei miei confronti. Avevo capito che il suo male interiore, psichico, l’aveva oscurata a tal punto, di non vedere più. Non potevo fargliene una colpa.
Oggi, a distanza di 9 anni, serbo di lei un bel ricordo e seppur non dimentico, ho imparato a perdonare.
Ecco, questa è la mia Compassione.

Erika